Civita di Bagnoregio: conosciamo la città “sospesa” nel tempo

Nella Tuscia viterbese, arroccata su uno sperone di tufo che sembra sfidare le leggi della gravità, sorge Civita di Bagnoregio, un gioiello dell’architettura medievale italiana e luogo della cultura, che il mondo sta scoprendo solo ora. Definita “la città che muore” per il progressivo sgretolamento della roccia su cui poggia, questo minuscolo borgo rappresenta uno dei più affascinanti paradossi del patrimonio artistico italiano: una meraviglia millenaria destinata a scomparire, eppure più viva che mai.

Proviamo a conoscerla un po’ meglio.

Un ponte tra cielo e terra

Prima di tutto, si può notare come l’accesso a Civita avvenga attraverso un ponte pedonale di trecento metri, costruito negli anni Sessanta per sostituire l’antico viadotto in muratura ormai crollato. Questa passerella di cemento, che molti considerano un pugno nell’occhio, diventa invece parte integrante dell’esperienza: camminare sospesi tra le due vallate, con il borgo che emerge dalla nebbia mattutina o si tinge d’oro al tramonto, è un’esperienza quasi mistica che prepara il visitatore all’ingresso in un mondo fuori dal tempo.

La porta di Santa Maria, unico varco nelle mura medievali, accoglie i visitatori con due leoni che reggono tra le zampe rispettivamente una testa umana e una palla, simboli il cui significato si perde nella notte dei tempi. Superata la soglia, ci si trova immersi in un dedalo di vicoli lastricati dove il tempo sembra essersi fermato al Rinascimento.

Un museo a cielo aperto

Il tessuto urbano di Civita è rimasto pressoché immutato dal Cinquecento. Le case in tufo, con le loro facciate ocra e i portali in peperino, si affacciano su piazzette silenziose dove l’unico rumore è quello dei passi sui sampietrini. La piazza principale, dominata dalla chiesa di San Donato, custodisce un crocifisso ligneo del XV secolo attribuito alla scuola di Donatello, opera di straordinaria intensità emotiva che meriterebbe da sola il pellegrinaggio in questo luogo remoto.

Ma è nelle viscere del borgo che Civita rivela la sua anima più autentica. Il tufo poroso su cui sorge è stato scavato per secoli, creando un intricato sistema di grotte, cantine e cunicoli che si sviluppano su più livelli. Alcune di queste cavità sono state trasformate in suggestive cantine dove assaggiare i vini locali, altre ospitano piccoli musei geologici che raccontano la storia millenaria di questa formazione rocciosa nata dalle eruzioni dei vulcani Volsini.

La bellezza della precarietà

Ciò che rende Civita unica non è solo la sua bellezza architettonica, ma proprio quella fragilità che ne minaccia l’esistenza. Le frane hanno già divorato gran parte del pianoro originario, e molte chiese e palazzi sono scivolati negli abissi dei calanchi circostanti. Questa precarietà conferisce al borgo un’aura particolare, rendendo ogni visita potenzialmente l’ultima occasione per ammirare un certo scorcio, una determinata casa pericolante.

Gli abitanti permanenti si contano sulle dita di una mano, ma d’estate il borgo si anima grazie a qualche coraggioso residente che ha scelto di restaurare le antiche dimore e a turisti sempre più numerosi. Nonostante la candidatura UNESCO e la crescente fama internazionale, Civita conserva un’atmosfera autentica, lontana dalla massificazione turistica che affligge altri borghi italiani. Passeggiare tra i suoi vicoli al crepuscolo, quando l’ultimo visitatore se n’è andato e le luci delle case si accendono timidamente, significa ancora oggi vivere un’esperienza di rara intensità poetica.

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